domenica 27 maggio 2012

Accidia? Sì grazie. (Da noi è capitale, qui è opzionale)


Dubai non è un paese per vecchi, so di usare una citazione ben logora, ma credo di essere tra coloro che ne hanno più diritto.
Non esistono persone anziane a Dubai, se ci sono non girano per le strade, non li incontri mai, a parte qualche coppia di turisti, i capelli bianchi qui non si vedono.
La media dell’età della popolazione nel 2006 era di 27 anni, non ho trovato dati aggiornati, ma non credo che oggi comunque non superi i 35.
Non sono mai incappata in un 70enne, cosa ne facciano è un mistero: li nascondono? Li eliminano come in una moderna Sparta? Hanno trovato l’elisir di lunga vita e non invecchiano?
Prima o poi lo scoprirò, per il momento mi godo questa città dove, per la prima volta per me (un’italiana della mia generazione) i giovani regnano su tutto: nel mondo del lavoro, nel campo delle arti, nella gerarchia sociale.
A ben osservare le cose funzionano benone, certamente meglio che in Italia, dove il motore che muove le decisioni dei nostri politici e dei nostri dirigenti non siamo certo noi, eterni figli costretti a passare dall’infanzia direttamente alla vecchiaia senza aver avuto l’opportunità di partecipare davvero alla costruzione e al meccanismo del nostro paese.
Terminata la mia introduzione ne evidenzio immediatamente il suo carattere dadaista, visto che non è minimamente in argomento con quello di cui volevo scrivervi: essere pigri a Dubai.
Dubai è il paradiso dei pigri. Chi non lo è subisce una continua e silenziosa seduzione al dolce far di meno, ed è dura resistere.
Certo detto da una principessina come me, che ha il lusso di non dover lavorare, suona un po’ artefatto, ma davvero qui trovi sempre un’alternativa al fare: fare con minor sforzo.
Sarà che il problema energetico qui non sussiste e che la questione ecologista trova terreno arido o viene semplicemente ignorata, ma io in casa ho un motorino anche per spostare le tende e quando vado a fare la spesa c’è una persona che imbusta quello che ho comprato (seguendo una logica randomica… a volte mi trovo la spesa divisa secondo il materiale dei vari contenitori; altre volte secondo la consistenza di ciò che ho comprato duro con duro, morbido con morbido; o ancora secondo la qualità o la temperatura, ma sempre, quando torno a casa, mi trovo un sacchetto riempito solo con un oggetto… quello che io chiamo il freak, l’inclassificabile, la materializzazione di “l’eccezione che conferma la regola”).
Hai appena fatto la manicure? Allora chiedi all’imbustatore di spingere il carrello fino alla tua macchina (posto 1573, area G, settore verde), sarà lieto di sistemare i tuoi sacchetti nel baule per la piccola mancia che vorrai dargli.
Hai comprato un vestito e ora vorresti abbinargli delle scarpe ma il negozio è dall’altra parte del centro commerciale? Ci sono delle silenziosissime macchinine elettriche che fanno al caso tuo, sono le stesse che normalmente vedi sui campi da golf, alza la mano per fermarne una, appoggia il tuo sedere di piombo, piega le tue stanche membra di marmo e goditi il viaggio sfrecciando tra le vetrine.
Avete presente il “valet parking”? È quel servizio che di solito vediamo nei film quando un tizio va al ristorante strafico con la tizia: ferma la macchina davanti al locale, scendono belli come il sole e mollano le chiavi della macchina ad uno che noti solo perché ha una giacca blu cobalto o rosso carminio… ecco qui lo stesso servizio lo offre pure la mia estetista.
Vi ho già parlato dei sevizio a domicilio offerti dalla città: massaggi e noleggio DVD (qualcuno di voi ha chiamato Mary?), devo solo specificare che qui ogni esercizio commerciale ha un servizio domicilio, anche la farmacia o il negozio di abiti per cani, oltretutto molti sono disponibili 24 ore su 24.
C’è un ascensore o un tapis roulant ovunque, se manca è perché lo stanno costruendo e trovi un cartello con le scuse.
Puoi essere talmente pigro che quando sei in bagno e hai finito, non devi fare il sovrumano sforzo di passare sul bidet affianco, è il bidet a venire da te: c’è un doccino a questo scopo, e in alcuni posti è persino integrato con il water, premi il tasto e...obiettivo centrato! (...ma è possibile che noi italiani non siamo riusciti a nominare degnamente il vaso sanitario?! Davvero dobbiamo usare una parola inglese storpiata che tra l’altro significa tutt’altro?!!)
Il concetto di “fai da te” è ignorato, al Carrefour se vuoi ti sbucciano e affettano la frutta, al mercato ortofrutticolo ti puoi scordare di toccare la tua spesa: indichi quale mango vuoi e paghi mentre la tua merce passa direttamente nelle mani di un uomo che ti sta seguendo con la carriola. Quest’uomo non l’hai chiamato tu, è lui che ti sceglie al parcheggio e ti segue silenzioso con la sua carriola lucida, non puoi mandarlo via, anche se ci provi lui ti guarderà come se non avesse capito e ti seguirà imperterrito.
A gente come noi risulta quasi insostenibile avere un servizio di questo tipo, ci si stringe il cuore, siamo abituati a fare da soli, essere serviti è un lusso che non ci interessa fino a questo punto.
Alla fine, dopo che vi siete girati tutto il reparto frutta, verdura e pure quello del pesce, dopo che ti ha aspettato mentre contrattavi, chiacchieravi o rispondevi ad una telefonata, glieli dai volentieri i 4 euro che ti chiede, anche se ti ritrovi a ripensare malinconicamente al mercato del sabato di casa tua, dove eri libera da sensi di colpa e da pensieri su quanto storto proceda il mondo, al limite un po’ incazzata per il prezzo delle zucchine.


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