L’equinozio di autunno di quest’anno è iniziato presto,
Alessandro aveva le prove di due eventi in contemporanea di cui uno con un
cliente piacevole come la sabbia nel letto, non so come abbia fatto, ma me lo
immagino un po’ come Lino Banfi nel film “Vieni avanti cretino” [precisamente
questo momento: http://www.youtube.com/watch?v=tWp7lQd9HXk ].
Quest’anno l’equinozio è caduto di sabato e saremmo andati al mare se
non fosse per gli impegni di lavoro, invece Ale è andato a cercare di
soddisfare un cliente più capriccioso di Naomi Campbell e io ho deciso di
riorganizzare l’armadio a muro che uso come portatutto/buco nero.
Dopo 4 ore e mille combinazioni diverse, sono riuscita a sistemare ogni
cosa e a trovare lo spazio anche per l’ultimo acquisto: l’aspirapolvere, alla
quale avevo dedicato anche una poesia di benvenuto.
[aspirapolvere adorata,
sarai anche quella che costava meno in promozione,
ma succhi come una dannata,
che soddisfazione]
In questo
stato di autocompiacimento e soddisfazione ho scoperto la prima notizia: mio
nipote ha passato la notte all’ospedale, laringospasma di non specificata
provenienza curato con cortisone. Mio nipote si chiama Evan, è il figlio di mia
sorella, ha 3 anni ed è un bambino di quelli che non sembrano bambini; è pazzo
e iperlogico in modo alternato; dall’età di 2 anni lui e mia madre si
raccontavano cosa avevano sognato e parla con noi così come parla col gatto,
col cane no, ma solo perché gli ruba i biscotti dalle mani, che arrivano giusto
giusto alla portata della famelica bocca.
Il tempo di
sospirare sapendo che ormai sta meglio, che scopro l’avvelenamento da topicida
di cui è rimasto vittima il mio cane. La disperazione rompe gli argini e mi
inonda.
Rimando il
resto del giorno in comunicazione via skype con i miei genitori che fanno di
tutto per curarlo, si aspetta che reagisca all’antidoto.
Telefona
Alessandro e lamenta gli effetti di Lino Banfi tutti concentrati a livello
intestinale, ed io sto così, impotente e preoccupata, che non so chi
raggiungere, tanto che alla fine rimango immobile ben consapevole della mia
inutilità.
È spiacevole
sentirsi inutili soprattutto se a questo aggiungiamo la tristezza, ripenso al
sogno che avevo fatto solo un paio di notti prima: io che con decisione andavo
a riprendermi il mio cane capitato chissà come a casa di mio zio Pino… lo
teneva lui e io lo rivolevo, piccolo particolare mio zio Pino è morto un paio
di anni fa. Brutto presagio m’ero detta al risveglio, ed eccolo realizzarsi.
Mia madre,
mia consulente onirica, ha subito dato il suo contributo fazioso
all’interpretazione: se te lo andavi a
riprendere allora finirà tutto bene, piccolo particolare: mi sono svegliata
prima di raggiungere zio e cane.
Invece ecco
la seconda notizia positiva: Ringhio sta reagendo bene all’antidoto, ha
mangiato e muove qualche passo, lo vedo reggersi sulle sue gambe incerte dallo
schermo spixelato del mio computer, non ha fatto neppure un metro, ma è come se
stessi assistendo alla sua nascita.
Mi sciolgo
in un caldo bagno di tensione inerte, per dovere di depressurizzazione piango.
Sono qui
sola, dall’altra parte del mondo, che partecipo alla vita della mia famiglia
attraverso uno schermo, e non me la sento di dire “che giornata di m***a”,
perché alla fine è andata di lusso e lamentarsi sarebbe da ingrati. Perché
quando quella creatura meravigliosa di mio nipote era sotto osservazione in
ospedale, la dottoressa gli ha detto “ma che bel micino” per tirarlo su di
morale e lui, con la sua vocina flebile, ha risposto: miaaaaao. Perché per
fortuna non ho un topo, ma un cane di 30 kg. Perché grazie a Dio al mattino ci
siamo svegliati tutti e alla sera siamo andati a dormire che eravamo ancora
tutti al completo; l’equinozio autunno è stata una di quelle giornate in cui
–ad un certo punto- tutti i problemi scompaiono e si è felici, di una felicità
autentica e potentissima, solo per un semplice appello a cui tutti rispondono
“presente”.