mercoledì 12 febbraio 2014

Sorprese

Anche quest’anno è arrivato il compleanno di Alessandro, ogni anno gli faccio una sorpresa sempre diversa, ogni anno si aspetta qualcosa e mai quello che ho preparato per lui, ma non pensiate che sbagli perché sia dotato di scarsa fantasia, no, non indovina un po’ per gentilezza e un po’ perché lo rimbambisco con indizi fasulli.
Quest’anno l’ho confuso talmente tanto che ad un certo punto ha esclamato: “io odio le sorprese”, iniziando a sospirare verso le 14 del pomeriggio per terminare solo 5 ore dopo, quando nascondergli il tutto era ormai impossibile.
Alle 19 eravamo in aeroporto e alle 19e02 chiudeva il check-in, siamo riusciti a salire sul nostro aereo solo perché il leggendario “culo castricianense” era con noi, direzione Muscat, tutto era andato perfettamente alla fine.
In Oman il turismo non è molto sfruttato, anche troppo per i miei gusti, ma sempre molto meno rispetto a ciò cui siamo abituati, puoi trovare due categorie di alberghi: extralusso da 300 euro a notte o 3 stelle da 50 euri e prima colazione… di certo esisteranno anche offerte a minor prezzo, ma fra poco comprenderete perché noi ci fermiamo al 3 stelle.
Siamo partiti con i nostri 2 compagni di avventura, grazie ai quali la sorpresa è potuta diventare realtà dal momento che io boicotto le banche e non possiedo una carta di credito. Essendo loro sprovvisti del leggendario culo e, soprattutto, troppo gentili per scaricare a qualcun’altro una normale dose di sfiga random, è successo che al nostro arrivo in albergo si accollassero la camera con 2 letti singoli anziché matrimoniale, come da prenotazione.
Questo è il trascritto della piccola discussione che sembrava più un esercizio di pronuncia di sole 4 frasi:
1 ho solo una matrimoniale e una con due letti gemelli
2 io ho prenotato e pagato due matrimoniali
[e di nuovo] 1 ho solo una matrimoniale e una con due letti gemelli
3 allora ridammi i soldi della matrimoniale o dammi la matrimoniale
[ritornello] 4 non do soldi ho solo una matrimoniale e una con due letti gemelli
[e da capo]

Ok presa, dopo tutto è mezzanotte passata, la settimana di lavoro pesa sulle spalle e domani mattina non ci sarà tempo per dormire… e poi oggi è il compleanno di Ale!
Dov’è Ale?
Io lo so dov’è Ale, è andato a seguire un richiamo: musica attutita proveniente da sottoterra manco fosse uno dei bambini incantati dal pifferaio magico.
Poco lontano dal bancone della reception c’è un minuscolo disimpegno su cui affacciano: ascensore, 3 porte e due rampe di scale, una ascendente e uno discendente, tutto in un metro quadrato, se giri su te stesso velocemente puoi credere di essere in una illustrazione di Escher (o nel film Labyrinth… visto che ormai non si studia più la storia dell’arte). 
Imbocco le strette scale che scendono curvando su se stesse e che terminano davanti ad una porta chiusa, la musica lì è molto più forte, mi fermo un attimo poi apro la porta  con decisione e subito una nuvola di fumo passivo mi inghiotte.
La prima cosa che noto quando il fumo si dirada sono delle luci, tipo laser, rosse e verdi che disegnano scarabocchi elementari e schizofrenici su un accrocchio da pianobar formato da 3 o 4 tastiere, subito dopo sposto lo sguardo sul musicista, un omanita in tipico abito bianco lungo, il kandura, scavato in faccia e cieco ad un occhio... con l’occhio buono mi sta guardando, mi affido alla mia nonchalance e mi volto in cerca del Castri.
In realtà non so se posso stare lì o no, in quanto donna, straniera e, soprattutto, non invitata, quindi faccio quello che faccio di solito in questi casi: mi comporto come se fosse tutto normale, un po’ da sbruffona,  quasi avessi organizzato io la festa…chi sono tutti questi imbucati?! Ah, eccolo il Castri! Perfettamente a suo agio lo vedo che balla sorridendo come un buddha tra laser, fumo, omaniti in kandura e cappellino, sedie e tavoli di broccato rosso. L’ambiente è molto piccolo, la musica è alta, il fumo dona al tutto i contorni di un sogno.
“Ale ci sono dei problemi, prendiamo le camere e poi torniamo”, mi fa sì con la testa... o sta ballando? Di certo ride, mi guarda… ok capito, torno su.
Subito sento Guidowsky (compagno d’avventura) che protesta appoggiato al bancone, il suo tono è più acceso rispetto al precedente esercizio di pronuncia, è stato nella sua stanza con i famosi letti gemelli e pare che li chiamino così perché dentro ci dormono davvero dei gemelli… uno solo però, l’altro doveva essere scappato dalla finestra, all’improvviso come in un film d’azione, perché aveva lasciato un bel buco nel vetro.
Io abilissima mi lancio in un complicato calcolo: ma se nella stanza con i letti gemelli ci dormono i gemelli e non ci danno un’altra matrimoniale perché non ci son più camere a disposizione… che cappero succede ora?!
La disponibilità del tizio in reception è pari allo zero, dice che non ci crede e deve controllare, intanto il compagno Guidowsky infuriato come qualcuno che ne ha più di una da sfogare, alza la voce come rarissimamente l’ho sentito, forse è la prima volta a dirla tutta, decido di distrarlo e lo mando nel sotterraneo senza avvisarlo di niente.
Poco dopo torna su con Ale, sorridono, gli chiedo “com’è?” lui risponde solo: non so… il mio gay radar è scattato, è un locale gay.
Io non concordo, mò degli uomini non possono ritrovarsi in un sotterraneo per ballare un po’ o ascoltare musica che subito sono gay?!
Vengo immediatamente distratta dalla discussione che si anima al bancone, Ale e Guido urlano, il receptionist mai, non pare si riesca a trovare una soluzione, Guido vuole andarsene, Ale non può farlo, deve tornare nel sotterraneo. 
Alessandro infine dice: chiamiamo la polizia.
Nel frattempo alcuni omaniti di passaggio, che sono un po’ come gli italiani, si fermano ad ascoltare chiedendo che succeda. Ale spiega con enfasi castriciana il dolore che quel paese gli sta infliggendo, che mai è stato trattato così, che mai si aspettava una così scarsa disponibilità.. saranno 20 volte che viene in Oman, in quanto ama questo paese e la sua ospitalità… e all’improvviso il silenzio.
Entra un uomo che definirlo tale pare riduttivo, sembrava più il modello anatomico di qualche scuola di fumetto, tutti i suoi muscoli erano gonfi oltre il naturale, le spalle erano unite al collo da un muscolo con una spiovenza tipica dei tetti delle case nordeuropee, quasi fosse un cardassiano (cit. Star trek); aveva il sedere più rotondo e sporgente del mondo che dovevi toccare, i deltoidi erano talmente grandi che sembrava avesse due mappamondi al posto delle spalle… era Gaib, l’uomo della sicurezza, un ragazzo di colore alto non più di un metro e 60.
Il tono di Ale s’è ingentilito immediatamente “Mr Gaib, per fortuna è arrivato, qui c’è un grande problema e sono certo che lei potrà risolverlo”.
Io non so come ha fatto, perché Gaib non ha detto una sola parola, non ha quasi ascoltato quello che Ale diceva, eppure ha guardato il signore alla reception e d’improvviso questi ha detto: “ok aspettate e vi daremo un’altra camera”.
Evviva Gaib!  E mentre scendevamo tutti per le scale verso il sotterraneo non facevamo altro che commentare Mr Gaib, “quando gli ho stretto la mano non ho potuto non toccargli il braccio… è… DURO!”, “ hai visto le chiappe?”, “no, tu hai guardato le chiappe di Gaib?!!!!”---[sguardo inceneritore di Alessandro su di me]

Entriamo nel locale tutti e quattro come un colpo d’aria improvviso, ok invitati o no, noi rimaniamo qui.
Il locale è piccolissimo, due stanze, sono tutti uomini, ma questo è ovvio, figurati se le donne se ne vanno nei locali fumosi di notte fonda! Seguo i miei compagni e arriviamo ad una sorta di bancone e, con mia immensa sorpresa cosa vediamo?
Birraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Non solo: omaniti ubriachi, pescatori ubriachi, giovani e vecchi ubriachi e… rullo di tamburi…. una donna che beveva la birra con il suo vestito nero e il capo coperto!!!!!!!
Ora potevo dirlo: era un luogo di perdizione!!
Al massimo della gioia abbiamo ordinato 4 birre e subito siamo stati investiti dalla solita meravigliosa ospitalità omanita, tutti volevano conoscerci, sapere da dove venivamo, uno aveva lavorato in Grecia e per farmi una cortesia mi parlava in greco…inutile dire che non capivo niente.
E strette di mano e baci, e benvenuti, e bevete… beviamo!!
Faticosamente abbiamo raggiunto un tavolo, nell’oscurità non ho avuto bisogno del luminol per capire che Grissom avrebbe avuto il suo bel da fare nel raccogliere prove lì dentro.
Così è partita una festa incredibile, ogni canzone che il guercio cantava non partiva senza la sua presentazione e una speciale dedica all’Italia, all’amicizia e a sghefrsshhgfgffssh (non capivo mica tutto eh).
Il notare che apprezzavamo particolarmente i ritmi arabi poi non ha fatto altro che alimentare maggiormente il calore dell’atmosfera, quando infine è arrivato il momento di svelare che era il compleanno di Ale allora è cominciato un pellegrinaggio al nostro tavolo di re magi con sempre il solito dono, niente incenso, ma birra! 
Dall’altro capo della stanza ti esortavano a bere, perché potessero così approvvigionarci velocemente di altre lattine, così nel giro di mezz’ora avevamo i piccoli tavoli imbanditi di diversi litri di birra che rioffrivamo ai nuovi arrivati in un circolo magico di condivisione e W l’Italia e W l’Oman, e sempre, happy birthday Castriciano!
In questo clima interculturale e festoso il nostro Maestro alle tastiere aveva un po’ terminato il suo repertorio e, lasciando una base di bossa-nova che andava in loop, abbandonava la sua plancia di comando sempre più spesso, fino a che un grosso ragazzone non si è impossessato del microfono.
All’inizio non ho subito riconosciuto la canzone, ma poi è stato evidente a tutti che cantava Bob Marley: ovazione! Ecco il vero esperanto nel mondo: il reggae!
Tutti quanti ballavano, Alessandro era ormai residente sulla pedana che fungeva da palco fino a che anche il ragazzone ha deciso di farsi una pausa lasciando pericolosamente il microfono libero.
Il loop di una base non meglio indentificata continuava a girare col suo ritmo sincopato, non ci ho messo molto a convincerlo… dopo pochi secondi Alessandro stava cantando “Acqua e sale” di Mina e Celentano e dal fondo della stanzetta noi altri 3 cantavamo a squarcia gola per dare coraggio al Castri, che pur nella sua spavalderia, ha cantato tutto il pezzo dando le spalle al pubblico… o forse era un sottile omaggio a Jim Morrison. Un po’ inventando, un po’ ripetendo le parole che conosceva, ha terminato il brano e subito uno scroscio di applausi si è versato nel locale… eravamo delle star.
Il ragazzone è tornato quasi commosso e ha proposto un duetto al Castri, vederli insieme cantare Jamming (un pezzo di loro invenzione composto quasi interamente dalla parola Jamming) è stato fantastico e alla fine gli abbracci e i ringraziamenti con tanto di mano sul cuore si sprecavano, Jamming è un brano che tocca le anime evidentemente.

Alla fine il radar del compagno Guidowsky funzionava bene, era veramente un locale gay, niente, se non un gesto della mano o una certa delicatezza nel ballare o cantare, poteva suggerirlo, l’Oman è uno di quei paesi in cui l’omosessualità è un reato per legge, punibile con un’ammenda e da 6 mesi a 3 anni di reclusione… ben poco a confronto con altri posti dove è prevista addirittura la pena di morte. È inutile discutere sull’assurdità di queste leggi, anche perché puoi costruire dighe o argini altissimi, l’acqua troverà sempre la sua strada per scorrere, piuttosto riflettevo sulla percezione e sulla necessità del proibito; stavamo tutti lì a bere semplice birra e ballando, ognuno i propri gusti sessuali e stavamo trasgredendo la legge, la medesima cosa in Italia è paragonabile ad una festa delle medie!.È bello pensare che per qualcuno sei come l’Olanda che, nel nostro immaginario, è una terra di libertà… e chissà cosa pensano dell’Olanda!

In ogni caso io mi sentivo felice, come tutti del resto, perché trasgredire ti fa sentire come se stessi superando un limite, quindi qualcosa che si avvicina molto all’incedere dell’evoluzione o forse sono magie che capitano solo il giorno del compleanno del Castri.

Ecco una testimonianza di questo racconto, la scarsa qualità è dovuta al fatto che era proibito fotografare, ma da bravi, abbiamo trasgredito.




[© Guidowsky e Lidiuz, io nella confusione avevo dimenticato il cellulare a casa]