domenica 22 settembre 2013

Equinozio d'autunno

L’equinozio di autunno di quest’anno è iniziato presto, Alessandro aveva le prove di due eventi in contemporanea di cui uno con un cliente piacevole come la sabbia nel letto, non so come abbia fatto, ma me lo immagino un po’ come Lino Banfi nel film “Vieni avanti cretino” [precisamente questo momento: http://www.youtube.com/watch?v=tWp7lQd9HXk ].
Quest’anno l’equinozio è caduto di sabato e saremmo andati al mare se non fosse per gli impegni di lavoro, invece Ale è andato a cercare di soddisfare un cliente più capriccioso di Naomi Campbell e io ho deciso di riorganizzare l’armadio a muro che uso come portatutto/buco nero.
Dopo 4 ore e mille combinazioni diverse, sono riuscita a sistemare ogni cosa e a trovare lo spazio anche per l’ultimo acquisto: l’aspirapolvere, alla quale avevo dedicato anche una poesia di benvenuto.
[aspirapolvere adorata,
sarai anche quella che costava meno in promozione,
ma succhi come una dannata,
che soddisfazione]
In questo stato di autocompiacimento e soddisfazione ho scoperto la prima notizia: mio nipote ha passato la notte all’ospedale, laringospasma di non specificata provenienza curato con cortisone. Mio nipote si chiama Evan, è il figlio di mia sorella, ha 3 anni ed è un bambino di quelli che non sembrano bambini; è pazzo e iperlogico in modo alternato; dall’età di 2 anni lui e mia madre si raccontavano cosa avevano sognato e parla con noi così come parla col gatto, col cane no, ma solo perché gli ruba i biscotti dalle mani, che arrivano giusto giusto alla portata della famelica bocca.
Il tempo di sospirare sapendo che ormai sta meglio, che scopro l’avvelenamento da topicida di cui è rimasto vittima il mio cane. La disperazione rompe gli argini e mi inonda.
Rimando il resto del giorno in comunicazione via skype con i miei genitori che fanno di tutto per curarlo, si aspetta che reagisca all’antidoto.
Telefona Alessandro e lamenta gli effetti di Lino Banfi tutti concentrati a livello intestinale, ed io sto così, impotente e preoccupata, che non so chi raggiungere, tanto che alla fine rimango immobile ben consapevole della mia inutilità.
È spiacevole sentirsi inutili soprattutto se a questo aggiungiamo la tristezza, ripenso al sogno che avevo fatto solo un paio di notti prima: io che con decisione andavo a riprendermi il mio cane capitato chissà come a casa di mio zio Pino… lo teneva lui e io lo rivolevo, piccolo particolare mio zio Pino è morto un paio di anni fa. Brutto presagio m’ero detta al risveglio, ed eccolo realizzarsi.
Mia madre, mia consulente onirica, ha subito dato il suo contributo fazioso all’interpretazione: se te lo andavi a riprendere allora finirà tutto bene, piccolo particolare: mi sono svegliata prima di raggiungere zio e cane.
Invece ecco la seconda notizia positiva: Ringhio sta reagendo bene all’antidoto, ha mangiato e muove qualche passo, lo vedo reggersi sulle sue gambe incerte dallo schermo spixelato del mio computer, non ha fatto neppure un metro, ma è come se stessi assistendo alla sua nascita.
Mi sciolgo in un caldo bagno di tensione inerte, per dovere di depressurizzazione piango.


Sono qui sola, dall’altra parte del mondo, che partecipo alla vita della mia famiglia attraverso uno schermo, e non me la sento di dire “che giornata di m***a”, perché alla fine è andata di lusso e lamentarsi sarebbe da ingrati. Perché quando quella creatura meravigliosa di mio nipote era sotto osservazione in ospedale, la dottoressa gli ha detto “ma che bel micino” per tirarlo su di morale e lui, con la sua vocina flebile, ha risposto: miaaaaao. Perché per fortuna non ho un topo, ma un cane di 30 kg. Perché grazie a Dio al mattino ci siamo svegliati tutti e alla sera siamo andati a dormire che eravamo ancora tutti al completo; l’equinozio autunno è stata una di quelle giornate in cui –ad un certo punto- tutti i problemi scompaiono e si è felici, di una felicità autentica e potentissima, solo per un semplice appello a cui tutti rispondono “presente”.

domenica 1 settembre 2013

Dell'autoesaudire un antico desiderio

Erano anni che il Castri si voleva comprare un elicotterino telecomandato, io l’ho scoperto quando la mamma di Arianna l’ha regalato a Melo per natale, subito il Castri si gira verso di me e fa: “e tua madre cosa mi ha regalato?!”, quasi offeso, io rispondo: “la macchinetta per farti barba e capelli in stile libanese… perché, volevi l’elicotterino?!”, nel suo “sì” di risposta ha messo un broncio con chiare radici ataviche annidate nella frustrazione di un desiderio mai esaudito.
Il mese dopo a quello natalizio è il suo compleanno, quindi sono entrata in 10 negozi di giocattoli chiedendo prezzo e prestazioni dei vai elicotterini, ma non ce l'ho fatta, è più forte di me... mi sembra una min****ta.
Quindi ho scelto una telecamerina tipo GoPro, spendendo tipo 20 volte tanto, ma mai regalo fu meno azzeccato, peccato quella si che mi piaceva.

Comunque sono passati altri mesi, e finalmente il Castri ha trovato il coraggio di soddisfare un desiderio futile e infantile, così ha dato 20 euro ad un cinese in cambio di un elicotterino super prestante e super scattante.
[eravamo al Dragonmart Mall un centro commerciale in cui hanno raccolto tutte le attività cinesi, se lo vedi da google map è come un serpente lungo più di un chilometro e mezzo...essendo patria cinese puoi trovare TUTTO lì dentro, dalla tenda led per la doccia, ad una cappa per camino, da farmaci misteriosi a macchinine telecomandate con telecamera incorporata, che l'ardito cinese cercava di condurre vicino alle gambe della mia amica in gonna. Un giorno vado lì fotografo tutto e ve lo mostro]

Esattamente 9 minuti dopo l’acquisto Ale ha avuto il primo rigurgito di pentimento, si gira verso di me e mi chiede: “ho fatto male?”, io so che c’è solo una risposta da dare e faccio il mio dovere: “ma dai, per 20 euro? Lavori tanto e non puoi spendere 20 euro in una sciocchezza tutta per te, che desideravi da tanto poi?!”... colpito e affondato, “hai ragione, lavoro tanto, 20 euro, lo volevo da tempo” lo sento ripetere come un mantra.
Camminando vicino a dei bambini noto i loro sguardi rapiti, quella scatola è come magnetica, li attrae e fa spalancare i loro occhioni, il Castri mormora fiero: "ti piace eh Bambino? Eeeeeh...è mio!", io un po' mi preoccupo, ma per fortuna nessuno parla italiano qui.

Tornati a casa lo fa volare in sala, subito lo spazio si dimostra inadeguato per l’esuberanza di questa macchinuzza, quindi si rimanda la bella a domani; infatti il giorno dopo, tornando a casa dal lavoro, il Castri mi chiama e ordina: “prendi l’elicotterino, il telecomando e scendi”, obbedisco e andiamo in una zona di deserto qui vicino per farlo volare, il mio compito è guardare…. :\

Cautamente ci allontaniamo dalla macchina, piazza la bestia meccanica sulla sabbia e armeggia col telecomando... l'elica gira, l'affare si alza, Ale si emoziona, dimentica il telecomando e l'elicotterino gli precipita addosso aggressivo, Alessandro mi guarda come per dire "l'hai visto!" e io mi sento di dire: "non credo che l'abbia fatto apposta".
Ma risuccede più volte, è evidentemente ostile, quindi il Castri decide di allontanarsi maggiormente dal piccolo drago in plastica che riparte alzandosi, si alza, si alza e si alza ancora fino a perdere il segnale d'aggancio col telecomando, quindi incomincia a precipitare, il Castri è nel panico, nell'urgenza del dramma non sa cosa fare, così alza le mani e urla... l'elicottero si schianta, ci avviciniamo e scopriamo con sollievo che è ancora intatto, il cinese non ha promesso invano.
[questa scena si è ripetuta circa 5 o 6 volte, quindi rileggi il paragrafo qui sopra, scegli tu quante volte far schiantare l'elicotterino, o quante volte far urlare il Castri nel deserto della penisola arabica]

Ad un certo punto fischiamo il time out, ci avviciniamo per stabilire una strategia, Ale non riesce a ragionare, lo guardo e vedo un bambino che gode col suo elicotterino indistruttibile, il giubilo è talmente tanto che gli va in tilt il cervello... gli dico cose che lui sa benissimo, che cade perchè perde il segnale, che non può farlo salire così, lui risponde che va da solo, che non riesce a comandarlo (!?), in ogni caso il piano è semplice: lui fa tutti i suoi esperimenti con pulsanti e leve, ma quando sente il mio urlo deve concentrarsi solo e unicamente sulla leva dell'elevazione.
L'elicottero si alza, si alza e si alza, su, su... io gli urlo: ORA! Il Castri si contrae irrigidendosi per lo sforzo, lo sguardo concentrato, addirittura piega le gambe come sotto ad un peso invisibile, è come se stesse cercando di domare un cavallo selvaggio e, per 20 secondi sembra che abbia il controllo, ma poi la bestia meccanica parte e la vedo allontanarsi all'orizzonte, va fino a che non perde il segnale e precipita nuovamente.

E non c'è niente da fare, quella macchinetta infernale è evidentemente posseduta, prima ha colpito Alessandro più volte, poi ha pensato di essere un missile e di tornare al suo pianeta madre, quello di tutti gli elecotterini demoniaci, infine non potendo più librarsi verso lo spazio siderale, ha tentato la fuga verso est.
Erano anni che il Castri desiderava un elicotterino telecomandato, quando finalmente l'ha comprato ha scelto proprio quello più selvaggio e indomito del mondo, quel giocattolo preferisce la morte piuttosto che rispondere ai comandi! Vi giuro che Alessandro ha provato persino a corrergli dietro, ma la bestia continuava a fuggire, alla fine sono andata a recuperarli con la macchina da quando si erano allontanati.

Non so se ci giocherà ancora, per ora il piccolo demonio è in castigo nell'armadio a muro, ma so che almeno un aspetto positivo tutta questa vicenda ce l'ha, perchè ad ogni tentato suicidio dell'elicottero, l'urto sul terreno stanava una lepre del deserto che correva agile verso il punto più lontano!

[per chi non ricorda è questa: ]
e finalmente ho un testimone che può confermare la visione che ebbi durante la tempesta di sabbia: esse esistono!

domenica 14 luglio 2013

REGOLE DI SOPRAVVIVENZA, le 10 cose che devi sapere prima di venire a Dubai:

1.    a Dubai sostanzialmente puoi vestirti come vuoi (sempre che tu non sia un’olgettina… se lo sei, che ci fai in questo blog?!), l’unico must have è la sciarpa, che sia stola, che sia seta o cotone, che sia estate o inverno tu devi averla. Sarà la tua unica arma per difenderti da spiacevolezze tipo squaraus, mal di gola, polmoniti et simili.  Vedila anche tipo il mantello dell’invisibilità di Harry Potter, perché ci saranno momenti in cui la tua scollatura dovrà essere celata, posti in cui le tue spalle nude saranno ritenute offensive quanto i mangiamorte di Lord Voldemort (ok sempre che tu non sia un’olgettina, in quel caso esibirai con orgoglio), TAAAAAAAK, un semplice gesto, copri le vergogne e via.

2.     Il mondo generalmente si divide in due categorie: chi usa la crema solare protettiva e chi no. Noi italiani pensiamo di avere un contratto speciale col sole, lui non ci brucia e noi lo adoriamo e accogliamo nel nostro paese…forse impossessandocene un po’ (chist'è o paese d' 'o sole) e confesso di aver militato per anni nella seconda categoria, solo recentemente mi sono ravveduta. A Dubai c’è un mare splendido e l’abbronzatura è assicurata, qualunque pelle tu abbia sappi che hai bisogno di protezione, e non si parla di valori tipo il 6 o il 10, minimo ci vuole la 20. Dici che sei già abbronzata e non ti scotti più ormai? Saluta allora la tua abbronzatura, dopo un giorno di sole dubaiano ti spellerai inesorabilmente. Prima di partire infila in valigia la crema protettiva, qui i raggi arrivano diretti come frecce, non ti accarezzano obliquamente come nel Mediterraneo.

3.     Anche se sei circondato da 28 etnie diverse che neppure riconosci, non parlare in italiano a voce troppo alta, c’è sempre qualcuno che ti capirà. Vi assicuro che, sebbene il nostro paese rappresenti lo 0,2% delle terre emerse, siamo ovunque, come ovunque troverai degli appassionati di Italia che ti capiranno e vorranno fartelo sapere, regalandoti quella piacevole sensazione del sentirti sprofondare nel terreno. Se sei una brava persona che dice solo cose carine e corrette passa serenamente al punto 4.

4.     Se qualcuno ti fa il calssico gesto di raggruppare la punta delle dita insieme... tranquillo, non reagire d’impulso, non ti sta chiedendo cosa cappero vuoi o cosa cavolacci stai facendo, non guardarlo con aria minacciosa dicendogli –in italiano- “con me ce l’hai?!”, perché ti sta semplicemente chiedendo di aspettare.
aspetta un secondo per favore.

5.     Se rivolgi una domanda ad un ragazzo indiano o pakistano, anche una domanda semplice che prevede una risposta semplice come un si o un no… siate preparati perché qualunque risposta vi darà, lo farà scuotendo leggermente il capo a destra e sinistra, un po’ come quando noi vogliamo dire “insomma” o “mi sa di no”…lui però non vi sta affatto dicendo questo! La tecnica sta nel concentrarsi sul labiale senza guardare nient’altro, anche perchè questi ragazzi si emozionano come ad un esame scolastico e con l’emozione l’oscillazione aumenta facendovi arrivare due informazioni opposte e mandando in tilt il vostro cervello. La chiarezza non è il loro forte, forse per un eccesso di educazione o di insicurezza potreste ricevere un: same same… but different o un yes…but maybe no, oppure un no problem per evitarvi il dispiacere di ricevere un no, anche se alla fine dei fatti sarà no.
      [Esempio pratico: sul pianerottolo di casa mia io e i ragazzo delle consegne del lavasecco.
    Io (che avrei voluto pagare subito quando ho lasciato la giacca, ma un no problem madame, pay after, no problem): “cavoli scusa, non ho spicci, ho solo 100, hai il resto?”
     Ragazzo delle consegne: parte con l’oscillazione e dice “no problem madame”, prende i 100 e io la giacca. Apre il suo portafoglio e vedo che è completamente vuoto. Allora gli dico “ma non ce l’hai il resto!”, lui –sempre oscillando- mi restituisce i soldi e mi guarda.
    Silenzio e immobilismo. Io lo guardo, lui mi guarda e sorride mortificato, anziché dirmi NO subito ha preferito rassicurarmi con un no problem, solo che ora non sa cosa fare, non osa dirmi niente, io prendo il ragazzo e i soldi, esco, trovo da cambiare e fine della storia.] Se domandi ad un indiano qualcosa, guarda solo il labiale e sappi riconoscere un no.

6.     Guarda sempre il display dell’ascensore prima di scendere o salire. Se vieni a Dubai ti capiterà di dover prendere diversi ascensori, tu come tutti gli altri. Questo genera un traffico al quale non siamo abituati, quindi sconsiglio la tipica abitudine al sovrappensiero. Due esempi riguardo alla pericolosità della cosa:
·         Una volta sono scesa al piano sbagliato, da quel piano –come in molti altri edifici- l’unico modo per chiamare l’ascensore è possedere una carta magnetica e avvicinarla laddove normalmente si trova il caro e vecchio pulsante…io ero lì occasionalmente e non possedevo tale carta, così mi sono dovuta sparare 5 piani di scale anti-incendio per arrivare al piano giusto.·         
Una volta sono salita sull’ascensore sbagliato e mi sono dovuta fare mille fermate nel senso opposto a quello in cui dovevo andare, e poi altre mille in quello corretto prima di accorgermi che quell’ascensore non fermava al mio piano. Questo perché a Dubai c’è talmente tanto movimento nel salire e scendere dai grattacieli che spesso troverai dai 6 agli 8 ascensori, i quali saranno adibiti a diverse sezioni dell’edificio, quindi presta attenzione al display come se fosse la stella polare, perché potresti rimanere intrappolato per sempre in un non-luogo come in una puntata di “Ai confini della realtà”.

7.     L’allarme antincendio suona. Suona per simulazioni, per i test della manutenzione, ma soprattutto suona per sbaglio. Può suonare a tutte le ore del giorno e della notte e suona a così alto volume che sembra provenire da dentro di te, è così forte che senti le orecchie chiudersi in qualche modo misterioso, è così potente che ti guardi intorno per cercare conferma negli occhi delle altre persone “è nella mia testa o lo sentite anche voi?”… quando noti i loro occhi sbarrati ti rassereni. Per quante volte suonerà non ti abituerai mai, ogni volta ti gelerà il sangue nelle vene e ti proporrà tutte le tue paure consce e inconsce in un microsecondo di puro panico.

8.     Se vieni a Dubai userai di certo il taxi per spostarti, sono comodi, economici e numerosi. Quando esci da un Mall troverai alcune zone designate dove 20 persone, minimo, aspettano pazientemente in fila. Tu mostra loro che è possibile scegliere, mostra loro un’alternativa al gregge, fai due passi in più, arriva alla strada, ferma il primo dei duemila taxi che sfrecciano davanti a te… poi spera che il tassista conosca la strada che conduce al posto in cui gli hai chiesto di andare. E falli questi 2 passi in più, la vita è troppo breve per stare in fila un’ora in attesa di un taxi.

9.     I baci sono vietati, sembra pazzesco lo so, ma  paese ha le sue regole, se ci pensiamo bene da noi ci sono città con divieti assurdi tipo: a Novara è vietato sostare in più di tre persone nei giardino o parchi pubblici; a Eraclea (VE) è vietato fare i castelli di sabbia; a San Salvario (TO) è vietato mangiare e bere per strada; a Vicenza è vietato sedersi sulle panchine se si ha meno di 70 anni; a Eboli non si può baciare o scambiarsi effusioni in macchina; mentre a Pisitano è vietato indossare gli zoccoli…quindi chi siamo noi per giudicare? Ritroviamo il nostro pudore adolescenziale e a Dubai baciamoci di nascosto, in privato, segretamente! Una volta tornati in Italia (e non siete a Eboli) concediamoci il piacere di baciarsi ovunque, baciamoci per la strada, in piazza o al supermercato, baciamoci in fila alla posta, esibiamo con orgoglio l’ardore della nostra passione, che incendi il prossimo creando come un virus contagioso, così che tutti intorno a noi inizino a baciarsi e abbracciarsi, a stringersi con gli occhi chiusi per sentire meglio l’energia che ci si scambia.


10.  Se vieni a Dubai l’ultima regola che devi conoscere è: avvisa silvianardo.

giovedì 11 aprile 2013

Fiori nel deserto


Lo sapete che a Dubai hanno realizzato il giardino fiorito più grande del mondo? Si chiama Miracle Garden. A parte che nel claim bisognava aggiungere “artificiale”, perché in giro per il mondo ce ne sono a bizzeffe di giardini fioriti più grandi di questo, prati infiniti di camomilla, papaveri, genziane, tarassaco, malva, margherite o, semplicemente, ettari di girasoli in Italia, lavanda in Provenza e tulipani in Olanda, ma qui gli piace averlo sempre più grande di tutto il mondo e a volte, forse, basta scriverlo per farlo credere vero.
E quindi, memori (e un po’ invidiosi) dei fasti passati babilonesi, hanno avuto la brillante idea di piazzare questo giardino in mezzo al deserto, ma ancora più fessi siamo stati io e il Castri Turista andando a visitarlo durante una tempesta di sabbia.
Bisogna dire che le tempeste di sabbia non sono come nei film, dove qualcuno si gira, vede un’altissima onda marrone all’orizzonte, avvisa tutti e si corre in cerca di riparo… no, inizia tutto con un venticello, si alza qualche sbuffo di polvere (level 1); incominciano a volare sacchetti orfani pieni di aria che sembrano meduse, o fogli di carta danzanti e bianchi come colombe e, tutt’intorno, noti una sorta di nebbiolina offuscare l’orizzonte (level 2). Quando la visibilità si riduce tanto che se esci sul balcone vedi solo il palazzo di fronte stai al livello 3 e, se cammini per strada scopri che gli sbuffi sono diventati raffiche improvvise e, a tratti, ti senti sotto attacco. La sabbia ha un’indole ninja perché si muove velocemente e non la vedi, puoi sentirla come frustate di piccoli spilli in faccia, che colonizza i tuoi capelli rendendoli paglia buona per il fuoco o molestarti infilandosi in ogni fessura del tuo corpo.
Il livello 4 invece prevede che tu venga colpito non più a schiaffi o raffiche, ma in modo continuo, tanto che non sai più dove girarti, non puoi stare senza occhiali e ti arrendi, accettando lo scricchiolio sotto ai denti e il rossetto 3D di sabbia che ti contorna la bocca. Il livello 5 non so se esiste, ma se esiste credo che sia come nell’ultimo Mission: impossible, infernale e spettacolare, ma in ogni caso se sei, come me, una femmina italiana cresciuta al ritmo di “eeeeemammamiaaaa! Che vuoi che sia? A tutto c’è rimedio forchè alla morte!”, o “eeeemammamiaaaaa! Che vuoi che sia? Pensa alla salute!” (trad. = fino a che non contrai l’ebola niente ti deve preoccupare), tu ignorerai la cosa fino a quando non arriverà a livello 5.
Ecco eravamo al livello 3 quando siamo andati a visitare questo benedetto giardino miracoloso, lezioso e tamarro allo stesso tempo, in perfetto stile dubaiano.
Notate il romanticissimo loggiato coperto da allegri ombrelli colorati, ma se guardate bene gli ombrelli sono di Ben Ten o Hanna Montana,

Castri Turista sotto quel che rimane del loggiato


e che dire delle macchine-aiuole? 

L’immancabile omaggio allo sceicco e il tunnel di cuori, il più gettonato per le foto tra fidanzati.

Bello bello, il tempo di attraversarlo e già eravamo stufi. Non è che sono cinica o non apprezzo della semplice e florida natura, ma mi spiegate come puoi goderti un giardino se non c’è neanche una panchina che induca ad una comoda contemplazione? E poi, che giardino è quello in cui non ci si può sdraiare sul prato per leggere, sonnecchiare o baciarsi?
Miracle Garden è composto solo da aiuole incastonate una nell’altra, questo è l’unico posto in cui riposare: la pietra.


Ogni angolo del giardino è presidiato da un controllore dotato i fischietto e vestito con gilet catarifrangente, appena qualcuno tocca i fiori o fa altro (che non saprei dirvi, dal momento che è stata l’unica cosa che mi sono azzardata a fare) questo fischia. Tu ti volti cercando di capire e lui non dice niente, perché è un povero ragazzo venuto dal Bangladesh e neppure la sua divisa gli dà quel coraggio di esercitare severamente il suo ruolo, quindi ti chiede quasi scusa e, con un filo di voce, ti dice “non si fa, signore”. Così tu vedi dissolvere ogni residuo di ribellione adolescenziale, ogni istinto anarchico e obbedisci comprendendo il micidiale potere della gentilezza.

Quindi usciamo ben distratti da questa luce gialla da apocalisse, da questo vento ormai più insistente e dall’orizzonte sul quale sono appena disegnati scheletri di edifici in costruzione. Io e il Castri Reporter sfoderiamo le macchiane fotografiche e saliamo in macchina.
Di là, di là, si, andiamo lì, dai facciamo un piccolo off road che abbiamo il suv 4x4 e non lo facciamo sfogare mai, 10 metri dopo l’esserci avventurati la macchina rallenta fino a fermarsi, Castri Pilota preme sul pedale, ma l’unica cosa che si muove è la sabbia alzata dalla ruota anteriore sinistra.
Scendiamo, raccogliamo sassi e assi in legno abbandonati da un cantiere poco lontano, scaviamo, posizioniamo, proviamo… e niente! L’unico risultato è che la macchina si insabbia sempre di più fino a inclinarsi in avanti tanto da lasciare in sospeso la ruota posteriore destra.
Chiamiamo un amico ancora con spirito ottimista e la voglia di farsi una risata sull’inconveniente, lui arriva poco dopo col suo Fortuner 4x4, astutamente non si avventura nella sabbia se non a piedi, e così inizia l’odissea crick.

quante risate

Il piano era semplice, geniale, ma mortale: prendere asse; metterla sotto il crick per evitare che sprofondi nella sabbia; crickare su la macchina; prendere sassi; piazzarli ad arte sotto la ruota (richiesta abilità rarissima chiamata piastregnere, un misto tra piastrellista e ingegnere civile); scrickare giù la macchina e provare…  funzionaaaaaaa!!! Sì, per  un solo metro e poi si rinfossa.
Intanto la tempesta di sabbia infuriava, passando dal livello 3 al livello 4 (quello degli occhi che bruciano e della bocca impastata di sabbia, quello che non sai dove voltarti).
Così, dopo 5 o 6 crickate abbiamo percorso 5 o 6 metri e l’amico salvatore decide di avvicinarsi col Fortuner per trainarci fuori; rimediata una corda dai resti del cantiere questa, prima di spezzarsi, resiste quel tanto che permette anche al Fortuner di insabbiarsi…

lo spirito è comunque sgargiante

Gettiamo la spugna e chiamiamo la polizia, siamo stremati, il caldo è infernale, gli schiaffi di sabbia e vento ci stordiscono, ormai non ci difendiamo neppure, non abbiamo un goccio d’acqua e siamo bloccati da quasi 3 ore ormai. Aspettiamo la polizia all’aperto, perché l’abitacolo della macchina è un forno e siamo in riserva, in quella giornata fortunata evitiamo di consumare benzina accendo l’aria condizionata.
Ed è così che ci trova la polizia: dei pupazzi di sabbia che, dalla cima di una piccola duna, scrutano immobili e muti l’orizzonte. Il poliziotto scende e guarda la scena delle due macchine insabbiate con un’espressione che io non posso descrivere…  un misto tra disprezzo massimo e “ma come si faaaaaaaaaa?!”
Noi, con la coda tra le gambe, sentiamo di meritare quel disprezzo. Chiamano i soccorsi che ci metteranno un’ora ad arrivare, noi nel frattempo torniamo sulla nostra duna a fissare l’orizzonte mentre cala la notte.
Sarà il caldo, sarà la stanchezza, sarà la disidratazione, ma incomincio a riflettere sul concetto di relatività, ho pensato che si adatta bene anche alla fine del mondo: ciò che è fine del mondo in un posto, in un altro è benedizione. Da noi l’acqua è spesso associata a distruzione: piogge torrenziali che sciolgono montagne, inondazioni, esondazioni… dammele qui, ora! Che una cascata d’acqua si versi su di noi, su questa distesa polverosa, sul poco distante giardino miracoloso, che ora quasi mi commuove per l’eroismo della sua resistenza. Giuro, non è che sentivo vicina la fine, ma ho ripensato ai nostri prati freschi che crescono gratis ovunque e ho deciso che ad un uomo non serve molto altro in fondo.
Per fortuna all’improvviso vengo distratta dall’avvistamento di una lepre, al quale nessuno crede, il Castri Sabbiolino si preoccupa del fatto che io abbia dei miraggi, ma la lepre l’ho vista ed era così:

non tutti, a parte Tim Burton e Arianna Fundoni, potrebbero trovarla bella, ma (sempre nel mio delirio di disidratazione) io penso “madò il Signore ha messo la vita proprio dappertutto!”.

[Ah alla fine, verso le 21 è arrivato il mezzo di soccorso, vi dico solo che aveva le ruote più alte di me, ha sganciato un cavo d’acciaio e ci ha tratto in salvo, costo dell’intera operazione? 20 euri. Per pudore non vi parlo della goduria provata sotto la doccia, come dice il saggio: la felicità delle piccole cose è inestimabile].





domenica 17 febbraio 2013

Resoconto di un anno di vita a Dubai: Dubai è brutta




E' ormai un anno che vivo in questa città ed è arrivato il momento in cui il velo della superficie si è dissolto ai miei occhi lasciando vedere la verità celata. 
Tolti i grattacieli, i centri commerciali e i locali notturni, rimane un mare meraviglioso e la vecchia Dubai, quartieri di piccoli edifici mal tenuti e negozietti di ogni tipo vissuti solo dagli immigrati più poveri.
Oggi ero proprio lì con un argentino e un siciliano, avevamo appena assistito ad un incontro di lotta greco-romana tra pakistani nel giorno di festa: il venerdì.
Questo è l'unico giorno in cui le persone come loro vivono qualche ora di orgoglio, serenità e relax, il resto dei giorni della settimana lavorano in condizioni durissime fino a 12 ore di seguito, so che alcuni dividono persino il letto, alternandosi tra turno di giorno e turno di notte, altri meno fortunati non hanno neppure questo e si ammassano sulle piastrelle di un pavimento.
Ma oggi è venerdì e vicino al mercato del pesce c'è uno spazio sterrato e polveroso dove ci si incontra, ci si abbraccia e si stringono mani, dove ci si chiede come stai con un sorriso, pettinati e col vestito pulito e stirato che svolazza spinto da un vento gentile.
Si improvvisano partite a cricket o a calcio, 20 contro 20, tutti vogliono giocare e nessuno ha il cuore di far aspettare nessuno...tutti vogliono giocare e quindi tutti giocano.
Ma è verso le 16 che, rispondendo ad un richiamo silenzioso, ci si assembra intorno ad un cerchio di arena più fina; il mattatore inizia a richiamare l'attenzione, è un anziano con gli occhi bordati di kajal e agita il suo bastone di canna con fare bonariamente minaccioso, urla parole a me incomprensibili, ma evidentemente ilari.
Finge di arrabbiarsi per la meschineria e per la vigliaccheria dei presenti, per provocarli e convincere qualcuno a combattere, ma si sa chi lotterà, loro sono venuti preparati e li vedi che si riscaldano con espressioni gravi.
E poi l'annunciazione dell'intento al combattimento, con urla e saltelli e poi la sfida e poi l'accettazione di questa e il saluto, le strette di mano e infine la lotta, elegante e antica fatta di equilibri e forza, non di brutalità e prevaricazione.
Il rispetto è tale che è l'avversario che prende la sabbia e te la fa scivolare sul corpo per evitare che il sudore  gli renda più facile sfuggire alle prese.
Quando il vincitore si acclara i bordi del cerchio di spettatori di rompono e questi viene portato in trionfo, insabbiato e finalmente sorridente, col suo sacchettino in mano che raccoglie le offerte degli astanti.
Io fotografo e tutti mi spiano alle spalle per vedere il risultato, alcuni fermano la folla perché io possa scattare con più agio e il mattatore celebra il tutto come se fosse la festa di laurea del figlio.
Ma tutto questo era solo per darvi un suggerimento riguardo al mio stato d'animo del momento quando, camminando verso la macchina, abbiamo girato un angolo nascosto.
Ecco in quel preciso momento, al tramonto, tra lo spiazzo polveroso e il mercato del pesce all'aperto, ho visto un uomo dalla pelle nerissima magro come in Italia non se ne vedono neppure durante la settimana della moda, che divideva il suo pesce con un gatto magro quanto lui e solo quanto lui.
Lui ha alzato lo sguardo quasi sorpreso dal nostro passaggio in quell'angolo in cui non va mai nessuno, dove lui e il gatto si incontrano una volta alla settimana scambiandosi un momento di affetto senza bisogno di pronunciare una parola, comprendendosi e appartenendosi nella loro condizione di ultimi degli ultimi; è così che, vedendo il mio sorriso commosso fin quasi alla devozione, ha risposto col suo un po' sdentato e imbarazzato.
L'uomo dalla pelle nerissima ha gli occhi altrettanto neri e lucidi, qualche capello bianco ai lati della testa e ha reagito al mio sorriso come se rispondesse ad un segnale, sorridendo leggero e divertito, quasi disorientato dell'essere stato sorpreso, ma soprattutto compreso, in quel momento intimo.
Ecco quell'uomo magro, magrissimo, in quel momento per me era Dio.
Dubai è una città straniera anche agli stessi indigeni, gigante e superficiale, esibizionista e vuota, agitata da milioni di voci che non dicono nulla, in eterna espansione con la fretta di accogliere genti che non la sentiranno mai propria, che la useranno senza mai restituirle nulla, che la occupano senza fondare niente, che la abbandoneranno presto o tardi fino a che i soli padroni saranno questi altissimi edifici vuoti, divorati da un affanno al business le cui gesta non avranno alcun posto  nella Storia; perché a Dubai nessuno dice mai "ecco il posto dove voglio passare il resto della mia vita", ecco, in una città così arrivano milioni di persone  sole come quest'uomo celestissimo, con un'unica cosa da fare: faticare.
Non so se quest'uomo abbia una famiglia nel suo paese di origine, una moglie, dei figli che non vede da chissà quanto, non so se s'è fatto qualche amico qui, qualche paesano con cui passare il poco tempo libero, ma in quella dolce ora arancione che si scioglie al tramonto lui stava con quel gatto, dividendo del pesce tenuto in un cartoccio, seduto su una panchina in una angolo appartato.
Dubai è brutta, Dubai vive di un'agio costato sangue e vita di molte persone come lui, Dubai ostenta un lusso che non ti renderà mai una felicità autentica quanto quella di quell'uomo col suo gatto randagio.
Quell'uomo per lavorare qui ha dovuto consegnare il suo passaporto, questo lo rende proprietà di qualcuno.
Dubai non ha niente da dare se non i soldi, e quando giro per le strade tra le centinaia di migliaia di negozio che vendono tutto a chi già possiede tutto, non posso che sentirmi confusa e aliena, ma cosa ci faccio qui?
Di cosa ha bisogno questa gente che spende e incassa?
Di altri vestiti, macchine, telefoni, di altro nulla con il quale cercare di riempire un nulla che alberga nel loro petto?
Quando si sveglieranno? Quando ci sveglieremo?
Dubai è brutta perché non sa cosa fare con tutta la ricchezza che ha, l'unica idea che ha avuto è stata quella di prendere il peggio dalle società occidentali, gli stessi sbagli, le stesse brutture, le medesime ingiustizie (corruzione e droga a parte) e farle proprie, questo mi fa riflettere sulla questione "razzismo"... alla fine non importa di che colore è la tua pelle o quale sia la tua cultura, se ne hai l'occasione sfrutti il prossimo senza scrupoli.
Dubai è brutta perché se ti porti il sacchetto di stoffa per fare la spesa, se cerchi di fare la raccolta differenziata o hai altre manie del genere, ti guardano come da noi guardano le vecchie gattare che parlano da sole; l'ecologismo non riguarda Dubai, il mondo si sta bruciando e consumando sempre più velocemente e qui non si fa altro che accendere più luci, consumare più materia prima, irrigare un campo da golf nel deserto o mantenere una pista da sci al chiuso con fuori 50 gradi all'ombra.
Dubai sembrerà un paese esotico e lontano, ma è il nostro specchio più impietoso e veritiero nel quale io mi vedo estranea.




il mattatore sfida il pubblico


la vittoria

Non ho nessuna foto dell'uomo magrissimo col suo gatto magrissimo, non si fotografa Dio.