Lo sapete che a Dubai hanno realizzato il giardino fiorito
più grande del mondo? Si chiama Miracle
Garden. A parte che nel claim
bisognava aggiungere “artificiale”, perché in giro per il mondo ce ne sono a
bizzeffe di giardini fioriti più grandi di questo, prati infiniti di camomilla,
papaveri, genziane, tarassaco, malva, margherite o, semplicemente, ettari di
girasoli in Italia, lavanda in Provenza e tulipani in Olanda, ma qui gli piace
averlo sempre più grande di tutto il mondo e a volte, forse, basta scriverlo
per farlo credere vero.
E quindi, memori (e un po’ invidiosi) dei fasti passati
babilonesi, hanno avuto la brillante idea di piazzare questo giardino in mezzo
al deserto, ma ancora più fessi siamo stati io e il Castri Turista andando a
visitarlo durante una tempesta di sabbia.
Bisogna dire che le tempeste di sabbia non sono come nei
film, dove qualcuno si gira, vede un’altissima onda marrone all’orizzonte,
avvisa tutti e si corre in cerca di riparo… no, inizia tutto con un venticello,
si alza qualche sbuffo di polvere (level 1); incominciano a volare sacchetti
orfani pieni di aria che sembrano meduse, o fogli di carta danzanti e bianchi
come colombe e, tutt’intorno, noti una sorta di nebbiolina offuscare
l’orizzonte (level 2). Quando la visibilità si riduce tanto che se esci sul
balcone vedi solo il palazzo di fronte stai al livello 3 e, se cammini per
strada scopri che gli sbuffi sono diventati raffiche improvvise e, a tratti, ti senti sotto
attacco. La sabbia ha un’indole ninja perché si muove velocemente e non la
vedi, puoi sentirla come frustate di piccoli spilli in faccia, che colonizza i
tuoi capelli rendendoli paglia buona per il fuoco o molestarti infilandosi in
ogni fessura del tuo corpo.
Il livello 4 invece prevede che tu venga colpito non più a
schiaffi o raffiche, ma in modo continuo, tanto che non sai più dove girarti,
non puoi stare senza occhiali e ti arrendi, accettando lo scricchiolio sotto ai
denti e il rossetto 3D di sabbia che ti contorna la bocca. Il livello 5 non so
se esiste, ma se esiste credo che sia come nell’ultimo Mission: impossible,
infernale e spettacolare, ma in ogni caso se sei, come me, una femmina italiana
cresciuta al ritmo di “eeeeemammamiaaaa! Che vuoi che sia? A tutto c’è rimedio
forchè alla morte!”, o “eeeemammamiaaaaa! Che vuoi che sia? Pensa alla salute!”
(trad. = fino a che non contrai l’ebola niente ti deve preoccupare), tu
ignorerai la cosa fino a quando non arriverà a livello 5.
Ecco eravamo al livello 3 quando siamo andati a visitare
questo benedetto giardino miracoloso, lezioso e tamarro allo stesso tempo, in
perfetto stile dubaiano.
Notate il romanticissimo loggiato coperto da allegri
ombrelli colorati, ma se guardate bene gli ombrelli sono di Ben Ten o Hanna
Montana,
Castri Turista sotto quel che rimane del loggiato
e che
dire delle macchine-aiuole?
L’immancabile omaggio allo sceicco e il tunnel di cuori, il più gettonato per
le foto tra fidanzati.
Bello bello, il tempo di attraversarlo e già eravamo stufi. Non è
che sono cinica o non apprezzo della semplice e florida natura, ma mi spiegate
come puoi goderti un giardino se non c’è neanche una panchina che induca ad una
comoda contemplazione? E poi, che giardino è quello in cui non ci si può
sdraiare sul prato per leggere, sonnecchiare o baciarsi?
Miracle Garden è composto solo da aiuole incastonate una
nell’altra, questo è l’unico posto in cui riposare: la pietra.
Ogni angolo del giardino è presidiato da un controllore dotato
i fischietto e vestito con gilet catarifrangente, appena qualcuno
tocca i fiori o fa altro (che non saprei dirvi, dal momento che è stata l’unica
cosa che mi sono azzardata a fare) questo fischia. Tu ti volti cercando di
capire e lui non dice niente, perché è un povero ragazzo venuto dal Bangladesh
e neppure la sua divisa gli dà quel coraggio di esercitare severamente il suo
ruolo, quindi ti chiede quasi scusa e, con un filo di voce, ti dice “non si fa,
signore”. Così tu vedi dissolvere ogni residuo di ribellione adolescenziale,
ogni istinto anarchico e obbedisci comprendendo il micidiale potere della
gentilezza.
Quindi usciamo ben distratti da
questa luce gialla da apocalisse, da questo vento ormai più insistente e dall’orizzonte
sul quale sono appena disegnati scheletri di edifici in costruzione. Io e il
Castri Reporter sfoderiamo le macchiane fotografiche e saliamo in macchina.
Di là, di là, si, andiamo lì, dai
facciamo un piccolo off road che abbiamo il suv 4x4 e non lo facciamo sfogare
mai, 10 metri dopo l’esserci avventurati la macchina rallenta fino a fermarsi,
Castri Pilota preme sul pedale, ma l’unica cosa che si muove è la sabbia alzata
dalla ruota anteriore sinistra.
Scendiamo, raccogliamo sassi e assi
in legno abbandonati da un cantiere poco lontano, scaviamo, posizioniamo,
proviamo… e niente! L’unico risultato è che la macchina si insabbia sempre di
più fino a inclinarsi in avanti tanto da lasciare in sospeso la ruota posteriore
destra.
Chiamiamo un amico ancora con
spirito ottimista e la voglia di farsi una risata sull’inconveniente, lui
arriva poco dopo col suo Fortuner 4x4, astutamente non si avventura nella
sabbia se non a piedi, e così inizia l’odissea crick.
quante risate
Il piano era semplice, geniale, ma
mortale: prendere asse; metterla sotto il crick per evitare che sprofondi nella
sabbia; crickare su la macchina; prendere sassi; piazzarli ad arte sotto la
ruota (richiesta abilità rarissima chiamata piastregnere, un misto tra
piastrellista e ingegnere civile); scrickare giù la macchina e provare… funzionaaaaaaa!!! Sì, per un solo metro e poi si rinfossa.
Intanto la tempesta di sabbia
infuriava, passando dal livello 3 al livello 4 (quello degli occhi che bruciano
e della bocca impastata di sabbia, quello che non sai dove voltarti).
Così, dopo 5 o 6 crickate abbiamo
percorso 5 o 6 metri e l’amico salvatore decide di avvicinarsi col Fortuner per
trainarci fuori; rimediata una corda dai resti del cantiere questa, prima di spezzarsi, resiste quel tanto che permette anche al Fortuner di insabbiarsi…
lo spirito è comunque sgargiante
Gettiamo la spugna e chiamiamo la
polizia, siamo stremati, il caldo è infernale, gli schiaffi di sabbia e vento
ci stordiscono, ormai non ci difendiamo neppure, non abbiamo un goccio d’acqua
e siamo bloccati da quasi 3 ore ormai. Aspettiamo la polizia all’aperto, perché
l’abitacolo della macchina è un forno e siamo in riserva, in quella giornata fortunata evitiamo di
consumare benzina accendo l’aria condizionata.
Ed è così che ci trova la polizia:
dei pupazzi di sabbia che, dalla cima di una piccola duna, scrutano immobili e
muti l’orizzonte. Il poliziotto scende e guarda la scena delle due macchine
insabbiate con un’espressione che io non posso descrivere… un misto tra disprezzo massimo e “ma come si
faaaaaaaaaa?!”
Noi, con la coda tra le gambe,
sentiamo di meritare quel disprezzo. Chiamano i soccorsi che ci metteranno
un’ora ad arrivare, noi nel frattempo torniamo sulla nostra duna a fissare
l’orizzonte mentre cala la notte.
Sarà il caldo, sarà la stanchezza,
sarà la disidratazione, ma incomincio a riflettere sul concetto di relatività,
ho pensato che si adatta bene anche alla fine del mondo: ciò che è fine del
mondo in un posto, in un altro è benedizione. Da noi l’acqua è spesso associata
a distruzione: piogge torrenziali che sciolgono montagne, inondazioni,
esondazioni… dammele qui, ora! Che una cascata d’acqua si versi su di noi, su
questa distesa polverosa, sul poco distante giardino miracoloso, che ora quasi
mi commuove per l’eroismo della sua resistenza. Giuro, non è che sentivo vicina
la fine, ma ho ripensato ai nostri prati freschi che crescono gratis ovunque e ho
deciso che ad un uomo non serve molto altro in fondo.
Per fortuna all’improvviso vengo distratta dall’avvistamento
di una lepre, al quale nessuno crede, il Castri Sabbiolino si preoccupa del
fatto che io abbia dei miraggi, ma la lepre l’ho vista ed era così:
non tutti, a parte Tim Burton e Arianna Fundoni, potrebbero
trovarla bella, ma (sempre nel mio delirio di disidratazione) io penso “madò il
Signore ha messo la vita proprio dappertutto!”.
[Ah alla fine, verso le 21 è arrivato il mezzo di soccorso,
vi dico solo che aveva le ruote più alte di me, ha sganciato un cavo d’acciaio
e ci ha tratto in salvo, costo dell’intera operazione? 20 euri. Per pudore non
vi parlo della goduria provata sotto la doccia, come dice il saggio: la
felicità delle piccole cose è inestimabile].