Anche quest’anno è arrivato il compleanno di Alessandro, ogni anno gli
faccio una sorpresa sempre diversa, ogni anno si aspetta qualcosa e mai quello
che ho preparato per lui, ma non pensiate che sbagli perché sia dotato di scarsa
fantasia, no, non indovina un po’ per gentilezza e un po’ perché lo rimbambisco
con indizi fasulli.
Quest’anno l’ho confuso talmente tanto che ad un certo punto ha
esclamato: “io odio le sorprese”, iniziando a sospirare verso le 14 del
pomeriggio per terminare solo 5 ore dopo, quando nascondergli il tutto era ormai
impossibile.
Alle 19 eravamo in aeroporto e alle 19e02 chiudeva il check-in, siamo
riusciti a salire sul nostro aereo solo perché il leggendario “culo
castricianense” era con noi, direzione Muscat, tutto era andato perfettamente
alla fine.
In Oman il turismo non è molto sfruttato, anche troppo per i miei
gusti, ma sempre molto meno rispetto a ciò cui siamo abituati, puoi trovare due
categorie di alberghi: extralusso da 300 euro a notte o 3 stelle da 50 euri e
prima colazione… di certo esisteranno anche offerte a minor prezzo, ma fra poco
comprenderete perché noi ci fermiamo al 3 stelle.
Siamo partiti con i nostri 2 compagni di avventura, grazie ai quali la
sorpresa è potuta diventare realtà dal momento che io boicotto le banche e non
possiedo una carta di credito. Essendo loro sprovvisti del leggendario culo e,
soprattutto, troppo gentili per scaricare a qualcun’altro una normale dose di
sfiga random, è successo che al nostro arrivo in albergo si accollassero la
camera con 2 letti singoli anziché matrimoniale, come da prenotazione.
Questo è il trascritto della piccola discussione che sembrava più un
esercizio di pronuncia di sole 4 frasi:
1 ho solo una matrimoniale e una con due letti gemelli
2 io ho prenotato e pagato due matrimoniali
[e di nuovo] 1 ho solo una matrimoniale e una con due letti gemelli
3 allora ridammi i soldi della matrimoniale o dammi la matrimoniale
[ritornello] 4 non do soldi ho solo una matrimoniale e una con due
letti gemelli
[e da capo]
Ok presa, dopo tutto è mezzanotte passata, la settimana di lavoro pesa
sulle spalle e domani mattina non ci sarà tempo per dormire… e poi oggi è il
compleanno di Ale!
Dov’è Ale?
Io lo so dov’è Ale, è andato a seguire un richiamo: musica attutita
proveniente da sottoterra manco fosse uno dei bambini incantati dal pifferaio
magico.
Poco lontano dal bancone della reception c’è un minuscolo disimpegno
su cui affacciano: ascensore, 3 porte e due rampe di scale, una ascendente e
uno discendente, tutto in un metro quadrato, se giri su te stesso velocemente
puoi credere di essere in una illustrazione di Escher (o nel film Labyrinth…
visto che ormai non si studia più la storia dell’arte).
Imbocco le strette scale
che scendono curvando su se stesse e che terminano davanti ad una porta chiusa,
la musica lì è molto più forte, mi fermo un attimo poi apro la porta con decisione e subito una nuvola di fumo
passivo mi inghiotte.
La prima cosa che noto quando il fumo si dirada sono delle luci, tipo
laser, rosse e verdi che disegnano scarabocchi elementari e schizofrenici su un
accrocchio da pianobar formato da 3 o 4 tastiere, subito dopo sposto lo sguardo
sul musicista, un omanita in tipico abito bianco lungo, il kandura, scavato in
faccia e cieco ad un occhio... con l’occhio buono mi sta guardando, mi affido
alla mia nonchalance e mi volto in cerca del Castri.
In realtà non so se posso stare lì o no, in quanto donna, straniera e,
soprattutto, non invitata, quindi faccio quello che faccio di solito in questi
casi: mi comporto come se fosse tutto normale, un po’ da sbruffona, quasi avessi organizzato io la festa…chi sono
tutti questi imbucati?! Ah, eccolo il Castri! Perfettamente a suo agio lo vedo
che balla sorridendo come un buddha tra laser, fumo, omaniti in kandura e
cappellino, sedie e tavoli di broccato rosso. L’ambiente è molto piccolo, la
musica è alta, il fumo dona al tutto i contorni di un sogno.
“Ale ci sono dei problemi, prendiamo le camere e poi torniamo”, mi fa
sì con la testa... o sta ballando? Di certo ride, mi guarda… ok capito, torno
su.
Subito sento Guidowsky (compagno d’avventura) che protesta appoggiato
al bancone, il suo tono è più acceso rispetto al precedente esercizio di
pronuncia, è stato nella sua stanza con i famosi letti gemelli e pare che li
chiamino così perché dentro ci dormono davvero dei gemelli… uno solo però, l’altro
doveva essere scappato dalla finestra, all’improvviso come in un film d’azione,
perché aveva lasciato un bel buco nel vetro.
Io abilissima mi lancio in un complicato calcolo: ma se nella stanza
con i letti gemelli ci dormono i gemelli e non ci danno un’altra matrimoniale perché
non ci son più camere a disposizione… che cappero succede ora?!
La disponibilità del tizio in reception è pari allo zero, dice che non
ci crede e deve controllare, intanto il compagno Guidowsky infuriato come qualcuno
che ne ha più di una da sfogare, alza la voce come rarissimamente l’ho sentito,
forse è la prima volta a dirla tutta, decido di distrarlo e lo mando nel
sotterraneo senza avvisarlo di niente.
Poco dopo torna su con Ale, sorridono, gli chiedo “com’è?” lui
risponde solo: non so… il mio gay radar è scattato, è un locale gay.
Io non concordo, mò degli uomini non possono ritrovarsi in un
sotterraneo per ballare un po’ o ascoltare musica che subito sono gay?!
Vengo immediatamente distratta dalla discussione che si anima al
bancone, Ale e Guido urlano, il receptionist mai, non pare si riesca a trovare
una soluzione, Guido vuole andarsene, Ale non può farlo, deve tornare nel
sotterraneo.
Alessandro infine dice: chiamiamo la polizia.
Nel frattempo alcuni omaniti di passaggio, che sono un po’ come gli
italiani, si fermano ad ascoltare chiedendo che succeda. Ale spiega con enfasi
castriciana il dolore che quel paese gli sta infliggendo, che mai è stato
trattato così, che mai si aspettava una così scarsa disponibilità.. saranno 20
volte che viene in Oman, in quanto ama questo paese e la sua ospitalità… e all’improvviso
il silenzio.
Entra un uomo che definirlo tale pare riduttivo, sembrava più il
modello anatomico di qualche scuola di fumetto, tutti i suoi muscoli erano gonfi
oltre il naturale, le spalle erano unite al collo da un muscolo con una
spiovenza tipica dei tetti delle case nordeuropee, quasi fosse un cardassiano (cit.
Star trek); aveva il sedere più rotondo e sporgente del mondo che dovevi
toccare, i deltoidi erano talmente
grandi che sembrava avesse due mappamondi al posto delle spalle… era Gaib, l’uomo
della sicurezza, un ragazzo di colore alto non più di un metro e 60.
Il tono di Ale s’è ingentilito immediatamente “Mr Gaib, per fortuna è
arrivato, qui c’è un grande problema e sono certo che lei potrà risolverlo”.
Io non so come ha fatto, perché Gaib non ha detto una sola parola, non
ha quasi ascoltato quello che Ale diceva, eppure ha guardato il signore alla
reception e d’improvviso questi ha detto: “ok aspettate e vi daremo un’altra
camera”.
Evviva Gaib! E mentre
scendevamo tutti per le scale verso il sotterraneo non facevamo altro che
commentare Mr Gaib, “quando gli ho stretto la mano non ho potuto non toccargli
il braccio… è… DURO!”, “ hai visto le chiappe?”, “no, tu hai guardato le
chiappe di Gaib?!!!!”---[sguardo inceneritore di Alessandro su di me]
Entriamo nel locale tutti e quattro come un colpo d’aria improvviso, ok
invitati o no, noi rimaniamo qui.
Il locale è piccolissimo, due stanze, sono tutti uomini, ma questo è
ovvio, figurati se le donne se ne vanno nei locali fumosi di notte fonda! Seguo
i miei compagni e arriviamo ad una sorta di bancone e, con mia immensa sorpresa
cosa vediamo?
Birraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Non solo: omaniti ubriachi, pescatori ubriachi, giovani e vecchi
ubriachi e… rullo di tamburi…. una donna che beveva la birra con il suo vestito
nero e il capo coperto!!!!!!!
Ora potevo dirlo: era un luogo di perdizione!!
Al massimo della gioia abbiamo ordinato 4 birre e subito siamo stati
investiti dalla solita meravigliosa ospitalità omanita, tutti volevano
conoscerci, sapere da dove venivamo, uno aveva lavorato in Grecia e per farmi
una cortesia mi parlava in greco…inutile dire che non capivo niente.
E strette di mano e baci, e benvenuti, e bevete… beviamo!!
Faticosamente abbiamo raggiunto un tavolo, nell’oscurità non ho avuto
bisogno del luminol per capire che Grissom avrebbe avuto il suo bel da fare nel
raccogliere prove lì dentro.
Così è partita una festa incredibile, ogni canzone che il guercio
cantava non partiva senza la sua presentazione e una speciale dedica all’Italia,
all’amicizia e a sghefrsshhgfgffssh (non capivo mica tutto eh).
Il notare che apprezzavamo particolarmente i ritmi arabi poi non ha
fatto altro che alimentare maggiormente il calore dell’atmosfera, quando infine
è arrivato il momento di svelare che era il compleanno di Ale allora è
cominciato un pellegrinaggio al nostro tavolo di re magi con sempre il solito
dono, niente incenso, ma birra!
Dall’altro capo della stanza ti esortavano a
bere, perché potessero così approvvigionarci velocemente di altre lattine, così
nel giro di mezz’ora avevamo i piccoli tavoli imbanditi di diversi litri di
birra che rioffrivamo ai nuovi arrivati in un circolo magico di condivisione e
W l’Italia e W l’Oman, e sempre, happy birthday Castriciano!
In questo clima interculturale e festoso il nostro Maestro alle
tastiere aveva un po’ terminato il suo repertorio e, lasciando una base di
bossa-nova che andava in loop, abbandonava la sua plancia di comando sempre più
spesso, fino a che un grosso ragazzone non si è impossessato del microfono.
All’inizio non ho subito riconosciuto la canzone, ma poi è stato
evidente a tutti che cantava Bob Marley: ovazione! Ecco il vero esperanto nel
mondo: il reggae!
Tutti quanti ballavano, Alessandro era ormai residente sulla pedana
che fungeva da palco fino a che anche il ragazzone ha deciso di farsi una pausa
lasciando pericolosamente il microfono libero.
Il loop di una base non meglio indentificata continuava a girare col
suo ritmo sincopato, non ci ho messo molto a convincerlo… dopo pochi secondi
Alessandro stava cantando “Acqua e sale” di Mina e Celentano e dal fondo della stanzetta noi altri 3 cantavamo a squarcia gola per
dare coraggio al Castri, che pur nella sua spavalderia, ha cantato tutto il
pezzo dando le spalle al pubblico… o forse era un sottile omaggio a Jim
Morrison. Un po’ inventando, un po’ ripetendo le parole che conosceva, ha
terminato il brano e subito uno scroscio di applausi si è versato nel locale…
eravamo delle star.
Il ragazzone è tornato quasi commosso e ha proposto un duetto al Castri, vederli insieme cantare Jamming (un pezzo di loro invenzione composto quasi interamente dalla parola Jamming) è stato fantastico e alla fine gli abbracci e i ringraziamenti con tanto di mano sul cuore si sprecavano, Jamming è un brano che tocca le anime evidentemente.
Alla fine il radar del compagno Guidowsky funzionava bene, era
veramente un locale gay, niente, se non un gesto della mano o una certa
delicatezza nel ballare o cantare, poteva suggerirlo, l’Oman è uno di quei
paesi in cui l’omosessualità è un reato per legge, punibile con un’ammenda e da
6 mesi a 3 anni di reclusione… ben poco a confronto con altri posti dove è
prevista addirittura la pena di morte. È inutile discutere sull’assurdità di
queste leggi, anche perché puoi costruire dighe o argini altissimi, l’acqua
troverà sempre la sua strada per scorrere, piuttosto riflettevo sulla percezione e
sulla necessità del proibito; stavamo tutti lì a bere semplice birra e ballando, ognuno i propri gusti sessuali e stavamo trasgredendo la legge, la medesima
cosa in Italia è paragonabile ad una festa delle medie!.È bello pensare che per
qualcuno sei come l’Olanda che, nel nostro immaginario, è una terra di libertà… e chissà cosa pensano dell’Olanda!
In ogni caso io mi sentivo felice, come tutti del resto, perché trasgredire
ti fa sentire come se stessi superando un limite, quindi qualcosa che si
avvicina molto all’incedere dell’evoluzione o forse sono magie che capitano
solo il giorno del compleanno del Castri.
Ecco una testimonianza di questo racconto, la scarsa qualità è dovuta al fatto che era proibito fotografare, ma da bravi, abbiamo trasgredito.
[© Guidowsky e Lidiuz, io nella confusione avevo dimenticato il cellulare a casa]
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